Il nostro cammino nel cuore del Palio si esaurisce con le zone rurali. Dopo aver dato risalto, nei giorni scorsi, ai rioni più centrali, il nostro sguardo indugia sulle contrade più periferiche della città. San Pietro Vetere, Valli, Filetti e San Marco, a dispetto della loro collocazione geografica, non sono meno importanti delle altre. Un quadrilatero di terre intriso di storia e tradizione che, lungi dal sentirsi emarginato, si considera parte integrante del paese ed è pronto a battersi per l’agognato scettro. Che il Palio, del resto, abbia fatto breccia anche nelle zone più lontane dal centro lo dimostra l’entusiasmo di questi ultimi giorni dove, tra feste e banchetti, molti hanno brindato alla prima edizione della manifestazione. Qualcuno all’inizio aveva persino dubitato che le contrade di campagna sarebbero riuscite a formare le rispettive squadre. Il loro numero era esiguo, si diceva e pensava, ma i contradaioli hanno fatto quadrato iscrivendosi regolarmente al Palio. Compagini compatte e volitive, dunque, animate dalla voglia di lasciare una traccia importante in un evento inedito che tiene banco da ormai due mesi. La scarsità del materiale a nostra disposizione (preziosi i testi del maestro Sergio Macioce e Monsignor Bonanni) non ci consente di delineare un quadro circostanziato dei quattro rioni, perciò abbiamo deciso di condensarli in un tutt’uno, suddividendoli per paragrafi.

aquino_(fr)_-_arco_di__marcantonio_-_foto_di_g._garofoli_(05-2010)San Pietro Vetere (San Pietr Vetr) – La contrada deve il proprio nome alla prima chiesa aquinate, oggi situata sul territorio di Castrocielo, dedicata a San Pietro, tempio pagano sacro a Cecere Elvina. L’aggettivo Vetere testimonia l’antichità dell’edificio religioso. La contrada si caratterizza per la celebre via Latina, strada antica e crocevia importante –  in epoca romana – di traffici commerciali. Essa partiva da Roma (zona San Giovanni), passando per Capua e proseguendo fino a Brindisi. Citata ed elogiata da Plutarco e dallo stesso Giovenale per la sua posizione strategica, oggi costituisce forse il biglietto da visita più bello della cittadina di San Tommaso. Attualmente il tratto di strada visibile è quello che si snoda dal Museo fino alla porta di San Lorenzo, vetusto e sontuoso ingresso della città. Cuore dell’antica Aquinum, San Pietro Vetere ospita anche una delle più antiche e importanti industrie del territorio. Ci riferiamo alla nota cartiera Cerrone (già Pelagalli) nata nel 1800 e confinante con il suggestivo Arco di Marcantonio (nella foto), un tempo adibito a chiusa d’acqua della fabbrica stessa. Fulgido esempio di architettura augustea, la leggenda vuole che l’opera sarebbe stata eretta nottetempo dagli aquinati in onore di Marc’Antonio. Circostanza, questa, che avrebbe spinto il sommo Cicerone a pronunciare il famoso “stulte aquinates” (aquinati stolti). Ma le suggestioni del rione non finiscono qui. La contrada infatti annovera anche via San Costanzo, la strada che dalla medioevale e imponente Torre del castello dei Conti di Aquino conduce fino all’ingresso dell’odierno vallone. Un rione che profuma di storia, dunque, e che attraversa “Colleficaddosso” fino a terminare ai “Saudoni”. Curiosi i due toponimi. Il primo, detto anche “colle Spezia” (da una famiglia aquinate estintasi, come ci dice il maestro Sergio Macioce) era un tempo ricco di piante di fico e suoi ai piedi, nei pressi di una piccola fonte, esiste ancora una lapide che ricorda il luogo dove morì d’infarto l’ultimo Spezia. Il secondo, Saudoni, è di derivazione latina (saltus) e anticamente indicava un terreno incolto e adibito a uso pascolativo. Nei pressi sorgeva la celebre “Acqua Sulfa” (sulfurea), antica sorgente inariditasi a seguito di una bonifica condannata dagli aquinati. I colori della contrada sono verdi e azzurri, mentre il capocontrada è la signora Celeste Di Ruzza.
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Valli (L’Vall) – Proseguendo verso sud – est ci imbattiamo nella contrada Valli. Una porzione di territorio vasta che parte da via Fornace (toponimo che prese il nome da una calcara che sorgeva dopo la salita” gliu sin’ch”) per giungere, tre chilometri più giù, alla piccola chiesa dedicata a Santa Maria Addolorata (nella foto). L’etimo di valli è abbastanza chiaro. Di probabile origine longobarda, esso indica un territorio avvallato un tempo bonificato da famiglie provenienti da Santopadre e Casalattico. A metà strada, all’incrocio con via Campitelli (dal latino, piccolo campo), sorge il bosco “Toccheto”. Fino a qualche decennio fa la zona ospitava la FIEM, fabbrica italiana esplosivi e munizioni dell’ingegner Iacobucci. Ancora una volta ci viene in soccorso Sergio Macioce. Il maestro aquinate ci racconta che l’odierna selva era un tempo ricca di cerque, pioppi e cipressi. Non mancavano le frasche che le donne del posto raccoglievano di primo mattino per poi, durante il cammino, rimboccarsi gliu “zinal” raccogliendo ”l’erva” per la minestra. Uno spaccato di vita struggente che fornisce la giusta misura delle difficoltà dell’epoca. Poco prima del bosco, al culmine della salita in località Ponte di Ripa (ponte sulla riva), sorge un ceppo (inaugurato di recente) che ricorda le vittime dell’ultimo conflitto mondiale. Altra arteria significativa della contrada è via Zammarelli, termine dalla presunta connotazione spregiativa (dallo spagnolo villano, zamarro). La zona termina ai confini con Castelluccio dove un tempo sorgeva un vecchio mulino, citato anche dal compianto maestro Tommasino Di Nallo nel suo libro “Peppamore Mugnaio”. Oggi le Valli conservano ancora un’anima rurale. La recente costruzione di nuovi alloggi, tuttavia, ha conferito alla zona un aspetto più moderno. I colori di Valli sono rossoneri, il capocontrada è Claudio D’Amato.

10473437_712041808863500_1694947951416052173_nFiletti (L’ Filett) – L’origine del termine è da ricondurre a una base latina: “filecta”, un territorio ricco di felci. La zona, come le Valli, è vasta e si estende da “Castelluccio” fino ad arrivare a Filetti superiore. Avvolta da un alone di mistero l’origine di Castelluccio. Sul posto non vi sono tracce di castelli. Il nome allude verosimilmente a un piccolo villaggio o a un mucchio di pietre. La contrada lambisce i confini della vicina “Volla” e tocca un segmento del campo d’aviazione. Più giù, ai confini con il territorio di Piedimonte, è situato lo stabilimento “Ercolina”, linfa importante per tanti aquinati. La zona è stata oggetto – recentemente – di lavori del manto stradale. I numerosi cavalcavia autostradali presentano un nuovo look e sono uno dei tratti tipici della contrada. I suoi colori sono giallorossi, il capocontrada è Vincenzo Del Duca.

10511318_10203948079958043_4860023804427075980_nSan Marco (Sant March) – La contrada deve il suo nome a una piccola chiesa dedicata a San Marco. Al suo posto oggi vi è una cappellina. Popoloso centro rurale, San Marco si estende fino ai confini con Piedimonte (località Ruscito), è confinante con la località Termini e ospita la “Weber”, efficiente industria cittadina ben visibile anche dall’autostrada del sole. La zona attraversa Ponte Fasano, il già menzionato Ponte di Ripa, via Valcatore (luogo che consentiva di “valicare”, passare cioè dalla bassura del lago alla pianura delle Valli) e contrada Selvotta. Su quest’ultima (che deve l’origine del nome a una vecchia selva), a destra andando verso la Fiat, sorge il vecchio asilo, una volta anche seggio elettorale. A chiudere la contrada sono le Ravicelle (piccole cave di pietra) che confinano con via Scacchi (dal latino medioevale scaccum, bottino, furto). I colori del rione sono biancoazzurri, capocontrada è la giovane Jenny D’Aguanno.

Libero Marino