Guido Veglia è tornato. L’ex bomber di Casertana, Sorrento, Afragolese, Gladiator, Olbia, Sora e Isernia è a caccia di una panchina. Dopo le gesta degli anni Ottanta da professionista (11 anni in tutto), l’aquinate vuole tornare in grande stile nel calcio dilettantistico provinciale. Cresciuto a pane e football, a cinquantasei anni aspira a una vetrina importante nelle rinnovate vesti di allenatore. Ruolo che conosce bene avendo già guidato l’Afragolese del suocero Angelo in serie C (inizio anni Novanta), la squadra della sua città di adozione. La Campania non gli ha arriso come sperava e, lasciato il calcio, sono naufragate anche alcune esperienze professionali. Tornato ad Aquino da un paio di anni, Veglia ha le idee chiare: vuole tornare nel giro, e insegue l’obiettivo con la stessa caparbietà con cui si batteva nelle aree di rigore avversarie.
Talento puro, l’ex centravanti ha indossato anche la maglia della Nazionale Italiana Dilettanti. A poche settimane dall’inizio della nuova stagione calcistica, Veglia spera che il suo corposo curriculum non passi inosservato tra gli addetti ai lavori. Vuole tornare a cibarsi di football, a riassaporare l’ebbrezza dei novanta minuti da una prospettiva diversa ma non meno fascinosa. Il calcio gli ha dato tanto ma lui si sente ancora in credito verso quel mondo per il quale nutre un sentimento di odio e amore. Non vuole archiviare il suo rapporto con il pallone, e dopo aver sfiorato il sogno chiamato serie A, nemmeno rassegnarsi al crepuscolo sportivo. Tra passato, presente e futuro (con qualche chicca d’amarcord) Guido Veglia ci offre uno spaccato della sua storia in un’ inedita intervista.
La nuova stagione è ormai alle porte, vuole tornare ad allenare, è fiducioso?
“ Sì, lo ammetto, il calcio mi manca. Dopo tanti anni ho deciso di rimettermi in discussione e calarmi in una nuova avventura professionale. So che non è facile riproporsi a certi livelli, ma sono disposto a ripartire da capo con umiltà e coraggio”.
In quale piazza vorrebbe misurarsi?
“ Indifferente. L’importante è ricominciare, non ho preferenze. Mi piacerebbe lavorare per una società seria, lungimirante, che abbia un progetto serio e importante. E che magari coltivi bene il settore giovanile, un patrimonio imprescindibile nel calcio di oggi. I giovani sono troppo importanti, mi intriga molto l’idea di allenarli”.
E’ stato giovane anche lei, che ricordi conserva di quegli anni?
“ Momenti belli che porterò sempre nel mio cuore. Il calcio professionistico mi ha dato la possibilità di girare tutto lo Stivale. Ho conosciuto posti meravigliosi, atleti straordinari con i quali ho condiviso partite emozionanti. Penso all’esperienza in India con la maglia della Nazionale Dilettanti davanti a circa 100 mila spettatori, a distanza di anni ancora ho la pelle d’oca. Poi ho affrontato il sommo Maradona durante un’amichevole contro il Napoli: Dieguito, il più forte di tutti ”.
Ha girato tante squadre, qual è stato il suo allenatore più bravo?
“ Su tutti Zeman. Feci la preparazione con lui a Foggia intorno alla metà degli anni ’80 e già allora il boemo adottava metodi di allenamento severissimi. Non era ancora famoso come oggi, ma non avevo dubbi che sarebbe diventato un grande tecnico. Competente come pochi, ha portato una nuova filosofia nel calcio lanciando tanti talenti. Poi il brasiliano Canè, ex giocatore del Napoli. Un altro che stimavo era Claudio Di Pucchio, non eravamo d’accordo su alcune cose, ma capiva di calcio”.
Le stagioni più belle da calciatore?
“ Mi sono trovato bene un po’ ovunque, penso di aver lasciato una traccia importante nelle diverse società in cui sono stato. Le esperienze più esaltanti rimangono Afragola e Sorrento dove in C1 ero capitano. Firmai tante reti, molte decisive come quella di Palermo (1983) quando grazie a una mia girata di testa violammo la “Favorita”. Mi sono divertito, non c’è dubbio”.
Che cosa pensa del calcio di oggi?
“Le cose sono cambiate molto rispetto a trent’anni fa. All’epoca il nostro mondo era più genuino, i soldi giravano, ma non le cifre da capogiro che si sentono oggi. Poi l’avvento delle televisioni ha fatto il resto. Credo che tutti debbano fare un passo indietro per restituire al pallone la giusta dimensione. Il calcio resta lo sport più seguito, è vero, ma se si continua così il giocattolo rischia di rompersi irrimediabilmente. Io in questi anni l’ho vissuto con un certo distacco, ma non credo di essere l’unico. Spero che la situazione cambi, la ricetta più giusta sarebbe quella di rivalutare i nostri vivai limitando gli ingressi stranieri. Ma il calcio per me è ancora una droga, non posso farne a meno, nonostante tutto.”
Le piacerebbe ricominciare dalla sua Aquino?
“Come ho già detto prima, la piazza conta relativamente. Certo, l’dea di ripartire dal paese in cui sono nato e cresciuto mi lusingherebbe, se mi contattassero non mi tirerei certo indietro. Intanto valuto le altre possibilità, sto sondando un po’ il terreno e mi sono accorto che la crisi si fa sentire anche a livello dilettantistico. Io non chiedo la luna, ci tengo a ribadirlo, e voglio una società seria che mi consenta di svolgere serenamente il mio lavoro. In futuro poi si vedrà.”
Libero Marino