Fonte [primadanoi.it]
ITALIA. Sono in pochi a parlarne. Eppure dal 12 maggio scorso in Italia è in corso una raccolta firme per un referendum abrogativo. Oggetto della raccolta, indetta dal comitato Unione Popolare, è il taglio parziale delle indennità parlamentari, i cosiddetti stipendi d’oro. Firme totalizzate: 200.000 ( ne occorrono 500.000 perché possa essere ammesso il referendum). Data ultima per firmare: 30 luglio. Dove? Presso i Comuni di residenza. O almeno così si dice.
L’operazione «oscurata dalle istituzioni per ovvi interessi», secondo il comitato promotore, è avvolta da una coltre di polemiche, dubbi e disorganizzazione. Nonostante le buone intenzioni sembra infatti che molti Comuni non permettano di firmare. «Perché», dicono, «non spetta a noi procurarci tutto l’occorrente».
E anche in Abruzzo la situazione non va meglio. Sulle pagine istituzionali dei Comuni, non un avviso, non un riferimento. Al cittadino non resta che alzare la cornetta, digitare il numero del proprio Comune di residenza, magari contattando direttamente l’ufficio relazioni con il pubblico (urp) oppure l’indirizzo e-mail del comitato organizzatore referendum@unionepopolare.eu e chiedere informazioni del caso. Telefonate e pretendete informazioni precise.
UNA MEZZA SFORBICIATA
La materia è di per sé delicata e di certo sta calamitando l’attenzione pubblica (almeno di chi ne è al corrente). E’ per questo che il comitato ha scelto uno slogan ad effetto: «firmo per tagliare gli stipendi d’oro ai parlamentari…I media ci boicottano ma se il gruppo cresce la casta trema!».
In realtà l’operazione è molto più contenuta di quello che si voglia far credere perché sotto la scure finirà solo la diaria a titolo di rimborso delle spese di soggiorno a Roma cioè i rimborsi di soggiorno dei signori parlamentari con un risparmio stimato intorno ai di 50 mln di euro all’anno. Dice Maria di Prato, del comitato organizzatore: «verranno tagliati i 3.500 euro mensili che ogni parlamentare riceve per il soggiorno a Roma. La cosa ridicola è che a incassare questa somma sono anche quegli eletti che nella capitale ci vivono».
Resta invece invariata la corresponsione dell’indennità parlamentare stabilita dall’articolo 96 della costituzione che recita : «i membri del Parlamento ricevono un’indennità stabilita dalla legge».
Infatti il comitato per non incorrere nel rischio incostituzionalità del referendum ha proposto l’abrogazione solo dei rimborsi di soggiorno e non anche dell’intera indennità costituzionalmente garantita.
IL MISTERO DEL LUOGO
Chiarito questo si passa ad un’altra questione: dove votare? A chi rivolgersi? Qui cominciano i problemi. Il Comitato organizzatore dà informazioni generiche del tipo: «votate al vostro Comune, chi voglia organizzare dei banchetti, chieda pure informazioni all’e-mail referendum@unionepopolare.eu».
Sui siti istituzionali dei Comuni abruzzesi non se ne parla. Qualche amministratore ha pubblicato sulla propria pagina Facebook il volantino, come ha fatto il sindaco di Francavilla Antonio Luciani. Ma la disorganizzazione regna sovrana. Perché a quanto si apprende sul Web non basta recarsi allo sportello chiedere del referendum e trovare un addetto con penna e carta pronte all’uso.
Katia Giammaria scrive sulla pagina Facebook del sindaco Luciani che «al Comune di Ortona non fanno firmare». Valentina Pierantoni allora corre in soccorso: «venerdì ho chiesto informazioni al nostro Comune e questi moduli non ci sono. Funziona così: i comitati promotori dei referendum hanno bisogno di un referente locale (un qualsiasi cittadino) che si prenda la briga di farsi recapitare i moduli dai promotori, li consegni nei modi ufficiali al Comune e li ritiri allo scadere con le modalità concordate con i comitati. Pare che a Francavilla nessuno si sia proposto a fare ciò e il Comune non è l’organo deputato a chiedere questi moduli. Perciò chi di voi volesse può andare sul sito di unione popolare e leggere le istruzioni».
C’è chi propone una soluzione alternativa come Pino Lanza: «non sarebbe meglio iniziare a votare diversamente? Cerchiamo un’alternativa invece che alternate il potere nelle mani di pochi».
E la polemica impazza anche sulla pagina Facebook di Unione Popolare. C’ è chi chiede spiegazioni, chiarimenti, chi lamenta la mancata organizzazione del gruppo, chi sospetta che il comitato voglia solo intascare soldi. Ma Unione Popolare si difende: «non godiamo di alcun finanziamento pubblico, provvedendo in proprio alle spese della campagna referendaria».
La deadline (scadenza) è alle porte, ai cittadini le valutazioni.
Magari la prossima volta forse è meglio inaugurare la raccolta di firme via Web.
(Marirosa Barbieri)