Quorum abbondantemente superato e straripante vittoria dei SI su tutti e quattro i quesiti referendari. Tra domenica e lunedì alla fine è andato a votare il 57% dei circa 47 milioni di aventi diritto al voto (esclusi gli italiani all’estero). Sull’acqua,cancellato l’obbligo della gara e dell’ingresso dei privati. Le bollette andranno riviste ma servirà un tavolo tecnico. Le centrali non (ri)sorgeranno, abrogato il piano energetico. Premier e ministri a processo con le stesse eccezioni dei cittadini. Il responso dei quattro referendum è chiaro, chiarissimo.
Così come gli effetti della sua studiata politicizzazione.
Ma proprio la spinta ad iperpoliticizzarli ha finito per far assumere anche un altro significato ai loro esiti, un senso inaspettato tanto quanto il superamento – dopo 16 anni di insuccessi diversamente motivati e spiegabili – della soglia del quorum.
E’ questo, probabilmente, il messaggio più importante emerso dalla primavera elettoral-referendaria e che accompagna quell’agognata “fase nuova” della politica italiana che nel paese reale, di fatto, si è già aperta.
E forte è soprattutto la realtà che fotografa e segnala. Nelle urne ma prima ancora nei circuiti associativi formali ed informali, nei passaparola di piazza ed internet, si è messa in moto una vera e propria “macchina degli schiaffi”.
Oggi la dose maggiore è toccata indubbiamente a chi governa – la coalizione Pdl – Lega ed il suo leader Silvio Berlusconi – ma i destinatari potenziali sono un po’ tutti i protagonisti della scena politica nazionale.
Chiunque pensasse di poter sostenere tranquillamente che “gli schiaffi” arrivati dal corpo elettorale in fondo riguardano solo altri, avrebbe già cominciato a prenotare, in dose massiccia, la prossima serie.
La “macchina degli schiaffi” è, infatti alimentata da aspettative deluse e da una miscela di preoccupazioni e di esigenti indignazioni che hanno un bersaglio principale, ma non risparmiano nessuno e quasi PRETENDONO interlocutori nuovi e credibili.
Il risultato del 12 e 13 giugno suona, in effetti, come una risposta scomoda e seria a quella che per me è “la vera domanda” posta agli italiani con questa consultazione:vi fidate o no dei valori e delle preoccupazioni che concretamente guidano coloro che amministrano lo Stato centrale e le realtà locali,oppure temete che quei poteri possano essere usati “contro” il bene comune e a fini personalistici e privati, cioè a spese del non mercanteggiabile interesse di ogni cittadino(e soprattutto dei più deboli) di vedersi garantiti beni, servizi standard civili, essenziali, nonché una progettazione saggia e sicura del futuro energetico di tutti? Beh,la risposta è stata una dichiarazione di sfiducia e un richiamo al dovere. Ed è appena l’inizio di un discorso. Al quale un grande contributo è venuto e potrà ancora venire dai cattolici italiani, che hanno le idee chiare su ciò che negoziabile non è (a cominciare dal rispetto pieno della vita umana e della sua permanente dignità e dalla valorizzazione del bene rappresentato dalla famiglia) e sul tanto e buono che, su quella solida base, si può fare con compagni di strada altrettanto onesti e chiari nel voler costruire un Paese più giusto,umano e capace di uscire dalla sindrome e quasi dalla voluttà) del declino. Per intanto, bisogna prendere atto di due realtà. Da una parte, c’è un fatto che condizionerà per almeno cinque anni scelte di governo e iniziative parlamentari in tema di acqua, di energia (non solo nucleare) e di iniziativa legislativa suscettibili di essere definita AD PERSONAM. Dall’altra, la trasversale forza del messaggio delle urne è il punto. C’è una vasta e crescente insofferenza per la qualità della politica attuale e nessuno degli attuali protagonisti della scena politica – né i partiti di governo, né tutti gli altri – può illudersi che il fenomeno sia passeggero. Il fenomeno comincia adesso.
Cons. Com.le Luca Di Ruzza