Il sommo Giovanni Arpino lo avrebbe definito “bracconiere di storie e personaggi”. E Costantino Jadecola avrebbe certamente gradito l’apprezzamento del celebre giornalista e scrittore piemontese. L’ultimo libro, “Storie Aquinati”, lo ha presentato sabato 7 gennaio nella sala consiliare del Comune della sua città, Aquino, che, ricambiatissimo, ama. Ma collocare la copiosa attività di divulgazione storica di Costantino Jadecola negli stretti confini della cittadina di San Tommaso e Giovenale sarebbe riduttivo.

Lo testimoniano, del resto, le tante pubblicazioni dedicate al nostro territorio, dalla metà degli anni Ottanta fino ai giorni nostri, che rivelano uno scrittore sempre scrupoloso, fedele e aderente ai fatti storici, che Jadecola racconta con obiettività, senza deformare la propria lente di storico appassionato e orgoglioso delle proprie radici.

Classe 1940, giornalista, storico, scrittore: Jadecola è stato ed è tante cose in uno. Un imprenscindibile punto di riferimento della nostra Provincia di cui è preziosa memoria storica. Al nostro appuntamento di un sabato di metà gennaio, molto somigliante a un giorno primaverile, si presenta puntualissimo e un buon caffè serve a rompere gli indugi prima della nostra lunga chiacchierata.

Come nasce la passione per la storia e la scrittura?

“Risale agli anni Sessanta. Lavoravo in banca a Frosinone, e nei piccoli ritagli di tempo mi interessava l’ attualità. Nel tempo decisi di anteporre i personaggi di un tempo, molto più significativi e interessanti, a quelli contemporanei. Da lì è iniziato tutto…”

Tra i tanti libri che ha firmato qual è quello cui è più legato?

“Malaria. Parlo di un periodo della storia della nostra Provincia più duro di quello della guerra. Mentre allora, come scrivo, c’erano le bombe che “distraevano”, nell’immediato dopoguerra c’era una piattezza totale, ed era difficile mettere insieme il pranzo con la cena…”

Nel corso della sua attività di divulgazione storica ha tratteggiato tante Aquino diverse: ce n’è una ideale nella quale le sarebbe piaciuto vivere?

“Difficile rispondere. Forse l’epoca che mi intriga di più è l’Ottocento che rievoco anche nell’ultimo libro “Storie Aquinati”. Fu un periodo storico molto movimentato, Aquino apparteneva prima a uno Stato poi passò a un altro, ci fu il fenomeno del Brigantaggio segnato da episodi di pura delinquenza assurti poi, per qualcuno, a fatti meramente storici”.

Tra le tante storie che ha raccontato nei suoi libri, ce n’è una che le ha toccato particolarmente il cuore?

“Ne esistono diverse. Su tutte, il fitto carteggio intercorso tra una donna di Veroli e il marito impegnato al fronte durante il primo conflitto mondiale. Lettere poi ritrovate da un pronipote della coppia, regista della RAI, che ne fece un bellissimo documentario”.

Il suo curriculum parla da solo. Ha, tuttavia, qualche rimpianto?

“A un certo punto mi si offrì la possibilità di diventare giornalista professionista. Ebbi modo di conoscere un grosso personaggio del Fascismo, Mario Ferraguti, amico di D’Annunzio e imparentato con la famiglia Treves di Milano. Fu anche editorialista del “Roma”, un vecchio quotidiano partenopeo che risale all’Ottocento, il cui direttore era Alberto Giovannini, firma storica del giornalismo italiano. Dovevamo incontrarci a Napoli, dove allora studiavo, ma le circostanze mi imposero di fare ritorno ad Aquino e l’occasione svanì”.

Ha collaborato comunque con giornali importanti…

“Iniziai a “Il Tempo”, poi collaborai con “Il Messaggero” fino al “Secolo d’Italia” e il “Giornale d’Italia”, oltre ai nostri quotidiani locali. Esperienze importanti che mi hanno certamente arricchito. Negli anni Ottanta ho curato anche una rubrica (“Incontri”) presso la nostra emittente Teleuniverso e sono stato per un periodo anche direttore della bel mensile la “Voce di Aquino”, andato in stampa dal 1969 fino al 1975″.

Una delle prime sue pubblicazioni è incentrata sulla figura del grande poeta aquinate Giovenale…

“Sì. Era, se non vado errato, la fine degli anni Ottanta, collaboravo proprio con Teleuniverso e ci recammo ad Arpino per il celebre Certamen. Ebbi modo di conversare, all’interno di un vecchio palazzo della città di Cicerone, con una professoressa di Lettere che rimase colpita dal fatto che le mie origini fossero aquinati. Cicerone rappresentava Arpino nella stessa misura in cui Giovenale era espressione della nostra Aquino. Scattò la molla: pensai che fosse giunto finalmente il momento di restituire dignità all’illustre satirico cui dedicai un libro, la cui prefazione fu curata da un aquinate doc come il professor Carlo Quagliozzi. Organizzammo anche un evento ad Aquino durante l’amministrazione del compianto Giuseppe Tomassi, di cui sono stato assessore alla Cultura per circa un lustro”.

L’indimenticato sindaco di Aquino di cui lo scorso agosto è stato celebrato il ventennale della scomparsa…

“Giuseppe era un uomo d’altri tempi. Aveva la politica nel Dna. Era tanto irascibile quanto dolce e sensibile, una delle figure più significative dal secondo dopoguerra a oggi. Un vulcano di idee e iniziative. Come quando ci fu il terribile terremoto in Irpinia e ad Aquino, nello spazio di un giovedì pomeriggio, si riuscì a raccogliere qualcosa come 10 milioni di lire da destinare a quella povera gente. E’ stato un grande privilegio aver lavorato con lui”.

Lei ha raccontato tanti episodi di vita cittadina: ce n’è uno che ha vissuto in prima persona che ricorda particolarmente?

“L’estate del 1974 non fu calda solo dal punto di vista metereologico. Erano giorni febbrili, a settembre l’allora Papa Paolo VI avrebbe recato visita ad Aquino e il nostro paese era in fermento. Alcune settimane prima accadde un episodio che poi ho riportato in un mio articolo. Ricordo bene quel giorno. All’epoca abitavo in campagna, mia moglie si era recata a messa e venni a sapere che alcuni cittadini di Roccasecca non gradirono la scritta su una delle facciate della nostra cattedrale che recitava “San Tommaso di Aquino”, per quella “i” (secondo loro) galeotta in luogo dell’apostrofo. Erano in corso le celebrazioni per il settimo centenario della morte di San Tommaso. Mi precipitai subito in piazza, chiamai a raccolta alcuni miei concittadini e alla spicciolata confezionammo un lungo striscione che campeggiò per lungo tempo tra i due castagni della piazza stessa con la scritta inequivocabile: San Tommaso è di Aquino! Un modo per rivendicare, una volta per tutte, le origini del sommo Tommaso. Che tempi”!

A breve, come annunciato in sala consiliare qualche giorno fa, sarà anche insignito di una benemerenza civica…

“Attestati di stima che fanno certamente piacere. Vuol dire che ho lasciato una traccia forte nella nostra comunità”.

Prima di congedarla, che consigli si sente di dare ai ragazzi che volessero approcciare alla sua professione?

“Leggere tanto, nutrire curiosità. Oggi non si legge più, i tempi sono drasticamente cambiati, i giornali sono in crisi soppiantati dalle piattaforme digitali”.

Dopo le bellissime “Storie Aquinati”, ha altri progetti in cantiere?

“Prossimamente dovrei presentare altri due libri con un’associazione di Arce, uno sul Ducato di Sora, e l’altro sulla storia della linea ferroviaria Roma – Napoli”.

 

Libero Marino