Si scrive Guido Veglia, si legge Aquino. Una icona del calcio nostrano, un giocatore straordinario capace di lasciare una traccia indelebile nel firmamento calcistico aquinate. Guido Veglia ha rappresentato il calciatore più forte che la città di San Tommaso abbia mai avuto, motivo di orgoglio di un intero popolo, ancora oggi rammaricato di non averlo visto calcare i palcoscenici della serie A, che sicuramente si addicevano alla sua classe cristallina e al suo fisico possente. Un talento vero che avrebbe meritato sicuramente molto di più in virtù di un corredo tecnico di assoluto rilievo. Casertana, Sorrento, Afragolese, Gladiator, Olbia, Sora e Isernia sono le compagini con le quali assurse alle cronache del calcio professionistico dell’epoca (anni Ottanta). I meno giovani lo ricorderanno sicuramente alla fine degli anni Settanta con la maglia del nostro Aquino. Guido, non ancora diciottenne, era già in grado di fare la differenza in campo disimpegnandosi egregiamente al cospetto dei veterani.
Qualche anno più tardi l’approdo nei professionisti (circa 13 anni in tutto), laureandosi, per due anni, capocannoniere. Chi poi non lo ricorda, verso la metà degli anni Ottanta, impegnato nei nostri calcetti estivi quando, complici le vacanze, faceva ritorno a casa? Guido Veglia era temuto, al di là dei suoi indiscussi mezzi tecnici, per quella straordinaria facilità balistica grazie alla quale, quando voleva (e ciò accadeva spesso), metteva il pallone dove voleva lui, quasi avesse il piede telecomandato. Per i malcapitati portieri avversari era un vero e proprio incubo. Tra le tante gesta compiute da Veglia spicca, su tutte, la gara giocata nella lontana India con la maglia della Nazionale italiana dilettanti (torneo intercontinentale). Una sfida epica la cui eco ancora non si è spenta. In uno stadio gremito fino all’inverosimile (80.000 persone!), il nostro Guido sfidò la Nazionale coreana. La gara, per la cronaca, terminò con il successo dell’Italia che si impose sulla Corea per due reti a zero. Guido non andò in rete ma fu autore di una prestazione maiuscola. L’Italia si arrese solo in finale dove fu piegata dalla Germania. Veglia difese i colori azzurri anche in Giordania e Svizzera, dove sfoggiò – sempre davanti a numerose platee – il suo grande talento.
Un altro prezioso cimelio è costituito dalla gara della “Favorita” di Palermo, teatro dell’incontro Palermo – Sorrento, campionato di serie C1, stagione ’85-’86. Un ambiente sicuramente ostile, terreno di gioco ai limiti della praticabilità come la foto in alto chiaramente testimonia. Ma tutto questo non impedì all’attaccante aquinate di firmare il gol che consentì alla propria squadra (di cui era anche capitano) di violare il campo dei rosanero zittendo definitivamente il numeroso pubblico palermitano. Un aquinate doc ancora oggi controverso, il cui nome continua a esercitare una certa suggestione a distanza di tanti anni. Un aneddoto su tutti è sufficiente per farci capire la reale portata del Guido Veglia calciatore. Tempo fa un ragazzo di Aquino si trovava a Pescara per motivi professionali.
Il nostro concittadino si imbattè per caso in Salvatore Garritano, celebre attaccante del Torino scudettato (stagione ’75- ’76). L’ex granata, appena sentita la provenienza del ragazzo, non esitò a chiedergli se conoscesse Guido Veglia. Sentitosi rispondere (ovviamente) in modo affermativo, Garritano dichiarò di ricordare molto bene il Veglia calciatore che, a suo avviso, avrebbe meritato ampiamente la Nazionale maggiore. Un attestato di stima inequivocabile che la dice lunga sullo spessore di Guido Veglia e che, oltre a costituire ulteriore motivo di vanto, aumenta al tempo stesso il rimpianto per quello che poteva essere e invece non è stato. Quante volte ancora ci capita di menzionarlo durante le nostre chiacchierate calcistiche? Tutti concordi nell’affermare che è stato l’unico a dare lustro – calcisticamente parlando – alla nostra amata cittadina. Grazie Guido, gli aquinati ti rendono onore.
Libero Marino