10466773_10207187035974835_63800106_nC’è una storia affascinante di un aquinate trapiantato a Roma. E’ quella di Michele Morelli (nella foto), un medico ­ sconosciuto ai più. Classe ’54, quartogenito dei coniugi Angelo Morelli e Maria Conte, aquinati di via Soldato Ignoto trasferitisi nella capitale nel lontano ’59, Michele ha legato il proprio nome alla società sportiva Lazio. Morelli è infatti da sei anni medico responsabile della Primavera biancoceleste allenata da Simone Inzaghi, capace di vincere – in poco meno di un lustro – Coppa Italia, Supercoppa e Scudetto. Un ruolino di marcia invidiabile per i giovani aquilotti dietro il quale si nasconde il lavoro sapiente del dottore di origini aquinati. Apprezzato e stimato non solo nel suo ambiente, libero professionista e medico di base, Morelli insegna anche medicina interna nella scuola infermieri presso l’Università degli studi di Tor Vergata.

Cordialissimo, elegante e giovanile a dispetto dei suoi 61 anni, il medico (che vanta anche trascorsi in Serie D come centrocampista) mi ospita a Formello durante un martedì pomeriggio: una giornata scandita da un clima più primaverile che autunnale. Ne scaturisce un’intervista sulla tribuna dell’impianto intitolato allo sfortunato Mirko Fersini, proprio mentre la prima squadra svolge l’allenamento agli ordini di Pioli. Una lunga chiacchierata sospesa tra passato e presente, condita anche da qualche pillola di amarcord. Cresciuto in una famiglia di laziali appassionati, la Lazio è entrata prepotentemente nella sua vita ma il legame con la sua Aquino, nonostante il precoce “esilio”,  è rimasto forte. E così, non appena sfoglia l’album dei ricordi, Morelli non riesce a non tradire l’emozione. Sentimenti veri, profondi, che il tempo, lungi dall’affievolire, ha invece fortificato.

Dottore, partiamo dall’attualità: che stagione sarà quella della Lazio Primavera?

“Siamo reduci dal sofferto pareggio sul campo del Latina, un punto prezioso prima di ospitare, sabato prossimo, il Frosinone. La squadra di Inzaghi dopo cinque turni è settima a quota 8, ma credo non ci siano i presupposti per ripetere la straordinaria stagione dello scorso anno quando abbiamo perso la finale scudetto contro il Torino. Quello appena iniziato sarà un anno di transizione, la squadra ha perso qualcosa rispetto alla passata stagione, una flessione del resto ci può stare dopo tanti successi”.

La Primavera è un serbatoio importante dal quale mister Pioli sta attingendo a piene mani come dimostra la recente esplosione dei vari Keita e Cataldi che lei conosce molto bene…

“Sicuramente sì. Sono contentissimo che si stiano consacrando a certi livelli, sono ragazzi straordinari che ho visto crescere e a cui sono molto legato. Sono stati loro, del resto, gli artefici del nostro secondo scudetto (stagione 2012 – 2013, allenatore Bollini, ndr). Keita è un ragazzo d’oro, di grande personalità, sempre propositivo, che fa della velocità la sua arma migliore. L’attaccante è cresciuto molto migliorando anche il suo feeling con il gol, come dimostrano le ultime prestazioni. Danilo è un altro calciatore importante che, dopo la gavetta in B, si è guadagnato la fiducia di Pioli a suon di grandi partite. Sono loro, al pari del portiere Guerrieri e del terzino Moustapha, il futuro della Lazio”.

Lei è medico dello sport: qual è il prototipo del perfetto atleta?

“Spirito di abnegazione, determinazione, fiducia nei propri mezzi, oltre a un’alimentazione sorvegliata. A questi livelli non puoi permetterti di trasgredire certe regole, vada anche lo strappo occasionale, ma chi è atleta deve sempre dimostrarsi tale, sia fuori che dentro il rettangolo di gioco. Un’altra cosa importante è gestire bene la pressione mentale cui si è inevitabilmente sottoposti. Roma poi è una piazza molto particolare, ci sono tante radio e tv e lo stress mentale può giocare brutti scherzi”.

Come è nata la sua avventura con una società prestigiosa come la Lazio?

“ Il discorso è lungo. Sono sempre stato appassionato di football, ho anche giocato a discreti livelli in gioventù, ma nel mio curriculum sportivo c’è lo zampino del mio primogenito Angelo. Anche lui infatti ha giocato a pallone iniziando, giovanissimo, con il Savio, una società romana in zona Prenestina dove ha fatto tutta la trafila prima di approdare in serie D. Io lo accompagnavo  agli allenamenti  e presto capii che quella società faceva sul serio. Mi attivai subito per mettere su il servizio medico – sanitario, dotandolo anche di una bellissima infermeria. Nel frattempo collaboravo con il Comitato Regionale del Lazio, quando, di lì a poco, arrivò la richiesta della S.S. Lazio che era alla ricerca di un medico che curasse il settore giovanile. Naturalmente non esitai ad accettare…”

Un ruolo tanto delicato quanto prestigioso: quanto incide sulla sua vita privata?

“Lavorare con i giovani è molto stimolante. E’ indubbiamente un lavoro molto dispendioso che comunque riesco a conciliare con gli altri impegni. Faccio di tutto per ritagliarmi lo spazio da dedicare anche alla mia famiglia, trascorro gran parte del mio tempo lontano dai miei affetti, è lo scotto da pagare per chi fa il mio mestiere. Ecco perché, per adesso, ho declinato l’invito della società che mi voleva fortemente in prima squadra. Ci sto pensando, ma per ora sto benissimo con i miei ragazzi”.

Lei ha vissuto diverse epoche del calcio: qual è la sua istantanea su quello moderno?

“Il giocattolo si è rotto dopo l’avvento delle televisioni. Le società ormai si reggono sui diritti televisivi e sui soldi derivanti dalla Uefa. Il denaro ha destabilizzato l’ambiente, gli ingaggi dei calciatori sono lievitati a dismisura. Questo ha provocato disaffezione, disamore, la gente stenta a riconoscersi in una bandiera, il calcio ha smarrito identità, non ci sono più punti di riferimento. Una deriva pericolosa, impensabile qualche anno fa. Lo sport, invece, dovrebbe veicolare altri valori come il rispetto per l’avversario, lealtà, spirito di sacrificio”.

Parliamo della Lazio di Pioli: che campionato prevede per Klose e soci?

“La squadra può ripetere la grande stagione passata, le condizioni per restare nell’elite del calcio italiano ci sono tutte. Peccato per questo inizio di stagione un po’ altalenante dove l’undici biancoceleste ha alternato belle gare a prestazioni sottotono. La Lazio sta pagando anche le tante assenze, penso in difesa a uno come De Vrij, una brutta tegola per Pioli. L’organico comunque è di livello, quando torneranno tutti a disposizione la Lazio potrà dire la sua in ottica Champions. Parlare di scudetto è ancora prematuro, nelle gerarchie siamo ancora un po’ indietro rispetto alle altre, ma diremo la nostra fino alla fine”.

Lei è originario di Aquino: che ricordi conserva della sua terra?

“ Il paese mi rievoca la mia infanzia. Ogni volta che ritorno ad Aquino si mette in moto un turbinio di emozioni difficile da spiegare. Lì ci sono le mie radici di cui sono estremamente orgoglioso. Purtroppo le contigenze della vita mi hanno costretto, giovanissimo, a trasferirmi a Roma, avevo circa sei anni, e i ricordi che ho sono per forza di cose vaghi. Ricordo il periodo dell’asilo, le partite di calcio nel vicino campo comunale con i giocatori aquinati che sfoggiavano la casacca a strisce bianconere con dietro il numero rosso. Poi i pomeriggi spensierati giù alla Madonna della Libera, il periodo della trebbiatura e la raccolta del muschio per confezionare il presepe di Natale. E poi ancora i falò di San Tommaso e il Carnevale. Mi piacerebbe un giorno portare i miei ragazzi ad Aquino, l’idea di disputare un’amichevole al vecchio Comunale con i pari età del mio paese d’origine mi stuzzica alquanto. Per ora resta una suggestione, ma spero possa tradursi presto in realtà”.

Libero Marino