Quattro anni fa usciva di scena un grande aquinate. Libero Capraro si congedava in silenzio, a 52 anni, la mattina di un Giovedì Santo lasciando sgomenta un’intera comunità. Quell’Aquino che, ricambiatissimo, amava, quel popolo dove era cresciuto e che, una volta persi entrambi i genitori, lo aveva in qualche misura adottato e coccolato. Libero Capraro ha lasciato un vuoto grande. Non vederlo più in giro per la nostra piazza, a distanza di quasi un lustro, con il suo caratteristico incedere e con quella sigaretta perennemente in bocca, è un colpo al cuore difficile da spiegare.
Un personaggio per certi versi unico, che un beffardo destino ha deciso di sottrarci all’alba della pandemia. Quella del 9 aprile è una data infausta: otto anni prima, nel 2012, all’alba di un lunedì di Pasquetta, si spegneva a soli 30 anni, in circostanze analoghe, un altro giovane aquinate: Alberto D’Alessandro. Timido, introverso, Alberto allo stadio si trasformava diventando un vero trascinatore. Specie, poi, quando la Lazio era di scena lontano dall’Olimpico. Gli piaceva maledettamente la prospettiva della trasferta, che pianificava meticolosamente alcune settimane prima. Così come gli piaceva tanto la sua Gaeta, dove assecondava il suo hobby preferito: la pesca.
Un destino crudele ha così accomunato due ragazzi dal cuore grande, con una vita davanti ancora tutta da vivere all’insegna delle tante passioni, in primis il calcio. Libero notoriamente grande appassionato della Juventus, Alberto innamorato dei colori della Lazio. Ci piace pensare che lì su, nella curva Paradiso, Alberto e Libero stiano aspettando con ansia la sfida di ritorno della semifinale di Coppa Italia tra bianconeri e biancocelesti, in programma il prossimo 23 aprile allo stadio Olimpico. Magari ingannando l’attesa tra sfottò e battute (arte in cui Libero era maestro impareggiabile).
Ciao ragazzi, Aquino non vi dimenticherà mai!