Le sue poesie parlano dei sapori e degli odori delle campagne di Gallinaro, ma sono state tradotte in almeno quattro lingue. Il premio letterario da lui istituito ormai quasi cinquant’anni fa si chiama “Val di Comino” e si tiene ad Alvito, ma ha sempre visto coinvolti i grandi nomi della cultura italiana ed europea. Gerardo Vacana, insomma, è stato sempre seduto sull’angolo che unisce il verde della sua terra natia all’Europa.
Di (e con) Tommaso Di Brango, invece, abbiamo già parlato qualche tempo fa. Aquinate, classe 1985, docente e critico letterario poco incline a definirsi “giovane” (preferisce dire che, ormai, è un “uomo di mezza età”), ha condotto e continua a condurre studi sulla letteratura e la filosofia italiana dell’Otto-Novecento. Al suo attivo, oltre a vari saggi apparsi su riviste specialistiche, ha il volume Scritture dell’incompiuto, edito da Mondostudio.
L’incontro tra i due è avvenuto lo scorso 24 giugno a Cassino, nella sede dell’associazione Pentacromo, alla presenza di un pubblico nutrito e competente. Galeotto, si può ben dire, fu il libro e chi lo scrisse: occasione del meeting è stata, infatti, la presentazione della nuova edizione di La luce assai di buon’ora, raccolta poetica che Gerardo Vacana diede alle stampe nell’ormai lontano 1981. Al di là della proposta editoriale – impreziosita dal fatto che, a formularla, è stata l’ormai storica casa editrice EVA di Venafro –, l’incontro è stato però, principalmente, occasione di un confronto generazionale.
Energico, vulcanico e volitivo come sempre, Vacana ha parlato delle poesie presenti nel libro, delle altre sue raccolte – in particolare, si è soffermato su Il nonno, che ottenne il plauso di Gianfranco Contini –, dell’ispirazione bucolica dei suoi versi, dell’amicizia con Libero de Libero e del desiderio di scrivere ancora. Aver spento più di novanta candeline, insomma, non significa, per lui, aver esaurito il desiderio di segnalare la propria presenza nel mondo. Su questo, Tommaso Di Brango ha fatto alcune osservazioni di carattere generazionale.
Certo, da buon critico letterario ha dovuto, innanzitutto, parlare dell’autore e delle sue opere. Nel corso della conversazione, che ha coinvolto anche un pubblico assai motivato e partecipe, Di Brango ha infatti notato che le ultime generazioni dovrebbero sperare di essere giovani alla maniera dei Gerardo Vacana, dei Francesco De Napoli, dei Carlo Antonio Secondino ecc., ovvero di uomini che hanno continuato a progettare il futuro anche dopo aver abbondantemente superato la soglia dei sessant’anni. La giovinezza, infatti, più che nell’età anagrafica risiede, a suo avviso, nella capacità di aggredire il domani senza rassegnarsi cinicamente al presente.
A incontro terminato, ciascuno è tornato, giustamente, sulla sua strada. L’impressione generale, tuttavia, è stata che, di incontri del genere, se ne vedranno altri anche a breve. A ben pensarci, c’è da sperarlo.