La contrada deve il proprio nome alla prima chiesa aquinate, oggi situata sul territorio di Castrocielo, dedicata all’apostolo Pietro, tempio pagano (poi divenuto cristiano) sacro a Cerere Elvina. L’aggettivo Vetere testimonia l’antichità dell’edificio religioso (pare costruito intorno al V secolo) dove, per qualche tempo, fu sepolto il corpo del Santo Vescovo Costanzo. La contrada si caratterizza per la celebre via Latina (II secolo a.C.), strada antica e crocevia importante – in epoca romana – di traffici commerciali. Essa partiva da Roma (zona San Giovanni), passando per Capua e proseguendo fino a Brindisi. Citata ed elogiata da Plutarco e dallo stesso Giovenale (“strada bella e piana con molti e superbi sepolcri”, così la definì il poeta satirico aquinate) per la sua posizione strategica, oggi costituisce il biglietto da visita più bello della cittadina di San Tommaso. Attualmente il tratto di strada visibile (300 metri circa) è quello che si snoda dal Museo cittadino (ex mattatoio) fino alla porta Capuana (comunemente detta anche porta di San Lorenzo per la possibile vicinanza di una piccola chiesa con questo nome), sontuoso ingresso della città che arrivava fino all’odierna via Leuciana dove sorgevano l’Anfiteatro (che ha subito danni irreparabili, negli anni Sessanta, in seguito alla costruzione dell’Autostrada del Sole) e il Capitolium.
Risalente verosimilmente all’epoca imperiale, è l’unico monumento giuntoci integro a differenza degli edifici circostanti (come il Teatro della Città, alla destra della via Latina) di cui oggi restano solo ruderi. L’area che va dalla porta Capuana fino alla Leuciana – chiamata Aquinum ma ora appartenente al Comune di Castrocielo e che un tempo costituiva l’agglomerato urbano cittadino – è oggi interessata da una importantissima campagna di scavi archeologici magistralmente condotti dall’Università degli studi del Salento. San Pietro Vetere ospita anche i ruderi della seconda cattedrale aquinate, quella dedicata a Santa Maria degli Angeli, risalente probabilmente al periodo della Contea (VIII – XV secolo), quando la città si spostò verso oriente. Più giù, nei pressi della Madonna della Libera, sorge l’Arco di Marcantonio (I secolo a.C.). Fulgido esempio di architettura augustea, la leggenda vuole che l’opera sarebbe stata eretta nottetempo dagli aquinati in onore di Marc’Antonio, di ritorno da un incontro con il tribuno romano Terenzio Varrone svoltosi a Cassino. Circostanza, questa, che avrebbe spinto il sommo Cicerone a pronunciare il famoso “stulte aquinates” (aquinati stolti).
La contrada annovera anche via il segmento finale di via San Costanzo – situato a pochi metri dal più popolare lavatoio aquinate sulle sponde dell’antica Forma – che salendo (all’incrocio con l’odierna via Vittorino D’Aquino, nei pressi del vecchio Torrione di Guardia) si ricongiunge, alcuni metri più avanti, con la via Latina. Proprio nei pressi del lavatoio, verso la fine dell’800, era presente un mulino per la macina dei cereali, di proprietà della famiglia Pelagalli e un’attigua centrale elettrica (inizi 1900) che forniva l’energia ai comuni di Aquino e Pontecorvo, novità tecnologica di assoluto rilievo per il periodo. Un rione che profuma di storia, dunque, e che proseguendo per il cosiddetto Riccitello (termine dalla etimologia controversa quello di “Riccitègl”, forse derivante, secondo il compianto maestro Sergio Macioce, da un cognome al diminutivo oppure, secondo l’ipotesi del professore Antonio Rea, riconducibile all’etimo di “orcio”, una sorta di lavello dove correva l’acqua) lambisce “Colleficaddosso” per terminare ai “Saudoni”. Curiosi i due toponimi. Il primo, detto anche “colle Spezia” (da una famiglia aquinate estintasi), era un tempo ricco di piante di fico e suoi ai piedi, nei pressi di una piccola fonte, esiste ancora una lapide che ricorda il luogo dove morì d’infarto l’ultimo Spezia. Il secondo, Saudoni, è di derivazione latina (saltus) e anticamente indicava un terreno incolto e adibito a uso pascolativo inariditosi a seguito di una bonifica condannata dagli aquinati.
Libero Marino