“Ncecca” (Francesca) Ripa è una donna di Aquino particolarmente devota e praticante, che come tale, aveva avuto sempre un sogno, quello di poter baciare la mano di Papa Giovanni Paolo II.

Lei non l’avrebbe mai immaginato, ma questo desiderio venne esaudito, e non solo, ma questo momento si verificò appena in tempo, ed addirittura nello studio privato di Giovanni Paolo II.

Sicuramente è stata l’ultima persona della nostra provincia ad essere ricevuta e probabilmente una delle ultime in assoluto non facenti parte della cerchia di Giovanni Paolo II, perché, alcuni giorni dopo, il grande papa cominciò a subire quella serie di interventi al policlinico Gemelli da cui sarebbe uscito solo due settimane prima della sua degnissima ed esemplare fine terrena.

È naturalmente ancora molto emozionata la signora “Ncecca”, quando evoca quel momento che aveva sognato per tanti anni e che visse in un frangente così particolare.

Come fu possibile viverlo?

La signora Francesca aveva a quei tempi una piccola trattoria attaccata a casa, a pochi passi dalla centralissima piazza San Tommaso. Il luogo era abbastanza frequentato, e non era raro che capitassero visitatori che si recavano ad Aquino per onorare San Tommaso, compresi anche molti religiosi e qualcuno anche con incarichi importanti in dicasteri della Santa Sede.

Lei ogni tanto esprimeva il suo desiderio a quelli che si recavano nella sua trattoria, dato che le piaceva molto anche tenerli in conversazione i suoi commensali.

Guarda caso, un giorno uno di questi, che si seppe poi essere un importante personaggio della Segreteria di stato vaticana, mons. Miguel Palacios per la precisione, le disse che lui aveva la possibilità di farle incontrare il Papa in un’udienza privata, però lei avrebbe dovuto tenersi pronta ad una sua chiamata in qualsiasi momento, perché lui avrebbe potuto trovare l’occasione con poco preavviso.

Così fu, anche se la signora “Ncecca” non aveva dato troppo peso a quella promessa, diverse settimane dopo, una domenica mattina di metà gennaio 2005, ricevette una telefonata in cui veniva avvisata che nel primo pomeriggio di quel giorno c’era la possibilità di essere ricevuta da Giovanni Paolo II nel suo studio, e che però doveva affrettarsi a partire subito per Roma, dicendole di aspettarlo vicino alla grande acquasantiera di sinistra della navata centrale della basilica di San Pietro.

Figurarsi l’agitazione di “Ncecca” che forte di carattere com’è, smosse tutta la famiglia, e riuscì a trovare in men che non si dica, un suo familiare per farsi accompagnare a Roma in auto, e cercare di arrivare in tempo. Ci riuscì, si preparò, e partì.

“pioveva quel giorno” racconta, “e questo, e l’intenso traffico poi dentro Roma, mi fecero temere di non arrivare per tempo. Dopo un viaggio che mi sembrò non finisse mai, arrivammo vicino piazza San Pietro, e sotto la pioggia mi affrettai, col cuore in gola, a raggiungere l’ingresso dell’immensa chiesa.

Anche se tutta trafelata, fu come fu, riuscii ad arrivare vicino alla famosa acquasantiera dove in quel momento però non vidi nessuno. Finalmente, dopo alcuni minuti che mi sembrarono un’eternità, il monsignore mio conoscente arrivò, mi salutò, e mi disse di seguirlo perché non si poteva tardare un minuto di più… attraversammo la basilica, prendemmo due ascensori, salimmo alcune rampe di scale e attraversammo grandi corridoi; io sempre più emozionata e incredula di trovarmi in quegli ambienti. Infine, ci ritrovammo davanti ad una porta dove erano in attesa una decina di sacerdoti, tutti in profondo silenzio; poco dopo la porta si aprì e entrammo all’interno di una grande stanza piena di scaffali con libri; era lo studio del Santo Padre; ancora un po’ e in fondo alla stanza si aprì un’altra porta e entrò Giovanni Paolo II sulla poltrona su cui l’avevo visto tante volte in televisione; la poltrona fu fermata al centro della stanza, e i sacerdoti, presentati da una persona che gli stava a fianco, uno ad uno si inginocchiavano e baciavano la mano al Santo Padre… poi a mia volta mi feci avanti io, quasi trasognata, mi inginocchiai, delicatamente presi la mano che mi si tendeva, delicatamente la baciai commossa…. poi la mosse in segno di benedizione…. ricordo la morbidezza di quella mano, liscia e delicata, lo sguardo dolce e paterno…. furono pochi attimi, un’emozione che mi toglieva il fiato; un ultimo sguardo a quella sacra figura e poi piano piano uscii con gli altri dallo studio del Papa; avevo realizzato il mio sogno. Come in trance, con il mio accompagnatore che mi l’aveva fatto realizzare, rifeci il percorso di prima ma senza quasi accorgermi più delle stanze e dei grandi corridoi che attraversavamo. Emozionata e commossa, riuscii a ritrovare chi mi aveva accompagnato a Roma, e riprendemmo la via per Aquino.

Dopo qualche giorno, la televisione cominciò il lungo resoconto delle sofferenze fisiche del Papa che non l’avrebbero più abbandonato fino a quel 2 aprile… al momento del trapasso….

La Provvidenza mi aveva donato un momento così bello e prezioso, che non avrei mai pensato di vivere e ancora la ringrazio…. e se non fosse per le foto che ho attaccato alla parete di casa, ancora dubiterei di averlo veramente vissuto…“.

Così conclude Francesca (“Ncecca”) Ripa che ha voluto dettarci il suo ricordo nel momento in cui il “nostro” Papa si sta avviando verso la santità riconosciuta dalla Chiesa.

Tonino Grincia

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