Riceviamo e pubblichiamo integralmente una nota di Rocco TEDESCHI:
Dopo aver trascorso gran parte dell’estate nella vana attesa di una parola chiarificatrice di Vincenzo Mattia sulle mie precise contestazioni relative alla ormai nota vicenda delle dimissioni dei consiglieri comunali di Aquino nel 1949, mi vedo costretto a reclamare una risposta che finora è apparsa inconsistente, evasiva e contraddittoria. Ricordo a chi legge che egli, in un suo recente libro di appunti sulla storia di Aquino, senza alcuna prova documentale e soprattutto senza alcuna logica, attribuisce alla volontà e all’opera di Libero Tedeschi la responsabilità di quell’atto, facendo seguire la sua semplicistica e inverosimile ricostruzione con un commento rozzo e lesivo della dignità politica e umana di mio fratello (per chi si professa cattolico le due sfere non vanno disgiunte). Il sottoscritto, a mezzo stampa, ha specificamente chiesto al Mattia: 1) dove e da chi ha attinto la notizia; 2) quale concreta verifica ha effettuato; 3) se, nell’attribuire a Libero Tedeschi (che, all’epoca, era un semplice impiegato comunale) lo straordinario potere di condizionare la scelta delle dimissioni di gran parte dei consiglieri, si è reso conto, da una parte, di sovradimensionarne oltre ogni credibile limite l’influenza e, dall’altra, di sottostimare l’autonomia dei consiglieri dimissionari riducendoli a ruoli di pupazzi alle dipendenze di un onnipotente puparo. A tali domande egli non ha ancora risposto, limitandosi a far sapere, attraverso canali di piazza, di essere in possesso di un documento che però egli tarda, chissà perché, a rendere pubblico.
E mentre tace su questa vicenda, nonostante le mie pubbliche sollecitazioni, Mattia trova il tempo di ergersi a improbabile predicatore di pace nella polemica che divampa nell’agone amministrativo, pur essendo a tutti noto da che parte sta e quali siano le ragioni del suo appello pacificatore, che lo hanno indotto anche a denigrare il coraggioso comportamento di chi è uscito dalla maggioranza, con motivazioni rigorosamente argomentate.
In questa prospettiva, tornando al suo libro, Mattia dovrebbe piuttosto dar conto del perché, nella lacunosa, superficiale e spesso distorta ricostruzione degli eventi aquinati, abbia omesso di trattare quel che è avvenuto dopo il 1980, allorché si consumò il suo tradimento ai danni del compianto Sindaco Giuseppe Tomassi, del cui sostegno si era avvalso per essere eletto consigliere. Così come, nonostante egli si sia prodigato con scarsa modestia e poco senso del ridicolo a costruire un’immagine di sé quale protagonista geniale della vita politica di Aquino, dovrebbe spiegare perché più nessuno lo ha voluto in lista nelle successive competizioni elettorali amministrative, sino alle elezioni del 2007, quando Marco Iadecola lo ha accolto nella sua compagine, fidando sulla dichiarata amicizia e sulla presunta e vantata forza elettorale del Mattia. L’esito finale lo conosciamo tutti: il giorno dopo il risultato delle urne, egli ha abbandonato il suo amico leader, al quale aveva portato un bottino di ben 28 voti, a conferma della sua lealtà e della sua consistenza elettorale. La grandiosa carriera politica di Vincenzo Mattia (che egli stesso nel suo libro ha magnificato) non poteva avere suggello migliore di quella eloquente sanzione popolare. Ad maiora!
ROCCO TEDESCHI