Gli azzurri di Roberto Donadoni escono mestamente di scena da un Europeo sostanzialmente anonimo nobilitato solo dal successo contro i rivali francesi. Fatale, questa volta, la lotteria dei rigori, benevola a Berlino appena due anni fa contro la Francia. Il nostro cammino, del resto, era iniziato sotto sinistri auspici: i tre gol dell’ Olanda di Van Basten avevano costituito il primo, serio campanello di allarme. Era seguito il pari incolore contro una Romania non certo trascendentale che, complice un arbitraggio scellerato, aveva rischiato di farci fuori già alla seconda partita. Poi, feriti nell’orgoglio, il repentino rigurgito della squadra campione del mondo capace di piegare (ed eliminare) la Francia dello spocchioso Domenech. L’Olanda faceva il suo contro la Romania e per i nostri ragazzi si schiudevano, a sorpesa, la porte per i quarti di finale. Sulla nostra strada la Spagna di “nonno” Aragones, un avversario storicamente favorevole agli azzurri (non ci battevano dal lontano 1920!). Una compagine giovane, estremamente mobile e dinamica, trascinata dai gol di Villa e sorretta, in difesa, dagli esperti Puyol e Casillas. Siamo giunti all’appuntamento della verità orfani di due pedine preziose (entrambi out per squalifica, duro retaggio della gara contro i transalpini) a centrocampo quali Gattuso e Pirlo (oltre al lungodegente Fabio Cannavaro) finendo con il pagare fatalmente queste assenze. La gara contro le “furie rosse” ha dimostrato, in particolare, come in questo momento non possiamo rinunciare ad un costruttore di gioco come Andrea Pirlo, l’unico (insieme a De Rossi) realmente in grado di conferire alla manovra azzurra le giuste geometrie. I sostituti (Aquilani su tutti) si sono rivelati purtroppo non idonei al delicato compito pagando oltremodo uno stato di forma non certo ottimale. Lo stesso Perrotta, impiegato nelle insolite vesti di rifinitore, ha tradito le aspettative vagando tra le due linee senza costrutto. Tardivo ci è sembrato l’ingresso di Camoranesi, il piu’ vivo e autore della occasione più clamorosa del match. Troppo soli là davanti Cassano e Toni per recare seri pericoli verso la porta spagnola. Generosa la prova del talento barese, costretto giocoforza a partire dalle retrovie e a predicare nel deserto finendo spesso nelle grinfie della attenta retroguardia iberica. Finisce senza reti l’Europeo del bomber piu’ atteso, quel Luca Toni reduce da una stagione semplicemente sontuosa condita da ben 36 reti con la maglia del Bayern Monaco. E’ balzata agli occhi, sin dall’inizio di questa avventura, la precaria condizione fisica del nostro ariete, troppo macchinoso nei movimenti e talvolta goffo nelle conclusioni a rete. L’unico rammarico, per il bomber modenese, la rete contro la Romania inspiegabilmente annullata dall’arbitro. Una parentesi da archiviare in fretta per “Luca – gol” che in futuro avrà modo di rifarsi. E’ molto significativo come, in quattro gare, non abbiamo mai segnato un gol su azione. Questo dato impietoso fotografa bene il nostro attuale gioco, alquanto lento e prevedibile e troppo aderente alle caratteristiche dei nostri avversari. E proprio gli spagnoli, pur non facendo nulla di eccezionale, hanno messo a nudo i nostri attuali limiti: eccessiva scollatura tra i vari reparti, mancanza di gioco sulle fasce, incapacità (cronica) di imporre il nostro gioco, facendo noi la partita. A tutto questo aggiungiamo la mancanza di un vero fuoriclasse (il Roberto Baggio di Usa 94′ per intenderci) capace di trascinare la squadra fuori dai propri limiti. Cassano ha alternato cose egregie a giocate scolastiche e lineari ma mai ha avuto l’acuto decisivo. Alex Del Piero si è visto malinconicamente relegato in panchina e Francesco Totti (insieme a Nesta) disse di no a Donadoni qualche tempo fa. Rimangono comunque memorabili le prestazioni di Chiellini, praticamente perfetto contro la Spagna e la sorpresa più piacevole di questo Europeo, la chirurgica precisione di Pirlo, la disarmante sicurezza dell’intramontabile Gigi Buffon, confermatosi tra i pali il migliore al mondo. L’ impressione è che si sia alla fine di un ciclo e sulla figura di Roberto Donadoni (prima crocifisso e poi riabilitato dalla critica, in virtu’ di un mai tramontato vizio italico) si addensa quella di Marcello Lippi, tornato prepotentemente di moda nelle ultime ore.
Libero Marino